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giovedì 28 aprile 2016

YouTube Gaming, il nuovo sito per lo streaming dei videogiochi

Da quando ha debuttato nel 2001, Twitch ha cambiato le regole del gioco – letteralmente. Il sito, acquistato poi da Amazon nel 2014, offre lo streaming di videogiocatori all'opera: potrebbe sembrare curioso a chi non frequenta il mondo dei videogame, ma assistere alle prestazioni di altre persone in diretta è diventato un fenomeno di massa capace di attirare 100 milioni di visitatori ogni mese, che si assiepano online per seguire il milione e mezzo di broadcaster (alcuni dei quali assurti allo status di celebrità).

ENTRA IN GIOCO YOUTUBE. Un fenomeno nuovo, di tendenza e in espansione continua, finora interamente nelle mani di Twitch, ma che non poteva non attirare l'interesse di altri soggetti intenzionati a spartirsi la torta. Il più attrezzato dei quali ovviamente è YouTube, che infatti ha lanciato il suo servizio concorrente sfruttando la sua tecnologia già pronta e rodata e il suo gigantesco archivio di video.

Si chiama YouTube Gaming ed è a tutti gli effetti un portale parallelo e autonomo, con singole pagine dedicate a 25mila titoli sulle quali i giocatori trovano qualsiasi cosa in formato video: trailer, filmati di gioco, presentazioni, anteprime e contenuti editoriali assortiti, oltre ovviamente al piatto forte, gli streaming appunto, corredati di telecronache e commenti degli utenti collegati alla diretta (uno dei fattori chiave del successo di Twitch).

UN SUCCESSO ANNUNCIATO. Attivo dal 26 agosto su PC e anche per iOS e Android, YouTube Gaming ha un'interfaccia ben studiata e una qualità video notevole. Dai milioni di iscritti rastrellati in poche ore si direbbe che il sito abbia riscosso apprezzamento immediato. La sfida a Twitch è aperta.

Analisi - Facebook e la privacy

Con tutta probabilità la creatura di Zuckerberg è la più completa e ricca collezione di dati sui singoli esseri umani mai realizzata. Solo Google dispone di una quantità di dati maggiore, ma si tratta di informazioni grezze e spesso non collegate a uno specifico profilo con tanto di nome e cognome.

FACEBOOK SA... Non solo: i potenti algoritmi di analisi messi a punto dagli ingegneri di Facebook sono in grado di incrociare tra loro dati diversi per ottenere su di noi informazioni che mai ci saremmo sognati di rivelare al social network. Un esempio? L’utilizzo che facciamo del servizio, le ore e i luoghi dal quale accediamo (tutte informazioni normalmente registrate dai server di Facebook) permettono con una certa semplicità di scoprire se siamo lavoratori instancabili o se siamo facili alla distrazione.

E le foto che pubblichiamo sulla nostra bacheca, le pagine e i post che “piaciamo”, i commenti che condividiamo, potrebbero attribuirci il profilo di creditori più o meno affidabili o di persone dalla salute più o meno cagionevole. Tutte informazioni che per un datore di lavoro, una banca, un’assicurazione potrebbero essere determinanti nel decidere se assumerci, concederci un mutuo o una polizza sanitaria.

TUTTO IN PIAZZA. La fame di informazioni di Facebook sembra comunque inarrestabile: qualche giorno fa l’azienda ha annunciato il lancio, per ora negli Stati Uniti e nei paesi di lingua inglese, del nuovo servizio di Universal Search grazie al quale sarà possibile effettuare ricerche per parole chiave nei post pubblici (cioè non contrassegnati come privati) di chiunque.

Abbiamo fatto una prova collegandoci a Facebook tramite un proxy americano (simulando cioè attraverso uno speciale software di essere negli States) ed effettuando una ricerca per la parola chiave “hangover”, sbronza. Il risultato è stato imbarazzante: ci siamo imbattuti in decine di post e fotografie di persone che raccontavano, commentavano e pubblicavano foto dell’ultima serata un po’ troppo allegra.

QUANTO DURERÀ? E mentre Facebook, Google e social vari investono sempre di più nello sviluppo di intelligenze artificiali che possano profilarci sempre meglio per veicolarci il messaggio pubblicitario perfetto, qualcuno comincia a domandarsi se non si sia passato il segno. Quanto è sostenibile, nel lungo periodo una strategia di questo tipo?

Non c’è il rischio che gli utenti si sentano traditi e inizino a condividere sempre meno o, addirittura, abbandonino il magico mondo dei social mettendo in crisi un business miliardario? Il rischio è che la prossima bolla economica destinata a scoppiare sia quindi quella della privacy.

CHE COSA FARE. Nel frattempo il consiglio che ci sentiamo di darvi è sempre il solito: prudenza nelle informazioni che si condividono sui social e massima attenzione alle impostazioni di privacy relative ad ogni specifica azione.

Insomma, se proprio volete sbandierare con gli amici la vostra prossima serata "no limits" cercate almeno di fare in modo che non se ne accorga il vostro capo.

Il nuovo drone commerciale di Amazon

Il gigante dell'e-commerce Amazon ha pubblicato un video promozionale (in inglese) in cui mostra il suo nuovo modello di drone che, in un futuro non meglio precisato, effettuerà consegne a domicilio tramite il servizio Amazon Prime Air. Il filmato ha un testimonial d'eccezione: si tratta di Jeremy Clarkson, giornalista divenuto popolare in tutto il mondo per aver condotto Top Gear, il dissacrante programma della BBC dedicato alle automobili.

NUOVO LOOK. Nello spot vediamo il postino-robot che prende in consegna un pacco dal magazzino di smistamento e lo recapita in meno di mezz'ora, atterrando dolcemente nel giardino di casa. Il tutto per risolvere un'impellente emergenza: la figlia della famiglia ha un’importante partita di football (quello che si gioca con i piedi, puntualizza ironicamente il britannico Clarkson) e ha bisogno di una consegna immediata perché il cane ha divelto uno scarpino della ragazza. Niente paura: la mamma ordina su Amazon un nuovo paio e grazie al drone il pacco arriva in tempo.

Il nuovo drone appare molto diverso dall'originale quadrirotore annunciato nel 2013, rivelando un design ibrido a metà tra un elicottero e un aeroplano. Particolare importante: le immagini del volo del drone sono vere e non simulazioni:  la tecnologia è reale.

COSA DICE CLARKSON. Prime Air decolla in verticale e si sposta in orizzontale, coprendo distanze fino a 15 miglia (24 chilometri). Il volo avviene a un'altitudine inferiore ai 400 piedi (122 metri): un set di sensori consente di evitare gli ostacoli lungo il percorso e di scansionare il punto di atterraggio, grazie anche a un marcatore (ad esempio il logo di Amazon) che gli utenti potrebbero posizionare al suolo.

L'azienda guidata da Jeff Bezos sta inoltre sviluppando e testando altri modelli di droni, concepiti per ambienti e scopi specifici.

TEMPO DI RILANCIO? Il video riaccende l'attenzione su Amazon Prime Air, suggerendo un imminente lancio delle consegne autonome porta a porta. In realtà non esiste alcuna data certa, perché la Federal Aviation Administration (FAA), l’agenzia che sovrintende e regolamenta ogni aspetto dell’aviazione civile negli Stati Uniti, deve ancora disciplinare il volo dei droni. Amazon ha già cercato di fare la sua parte, proponendo un piano dettagliato per controllare il traffico aereo nelle città americane.

Proprio la FAA stima che entro il 2018 nei cieli degli USA voleranno circa 7500 piccoli robot a uso commerciale.

L’India rifiuta l’Internet gratuito di Facebook

Nel 2013 Mark Zuckerberg, patron di Facebook, commentava davanti alla platea del Mobile World Congress di Barcellona che troppe persone nel mondo ancora non hanno un accesso a Internet e per questo motivo non sono consapevoli dei vantaggi che la rete può portare loro in termini di informazione, benessere economico, libertà, democrazia.

A quello stesso pubblico Zuckerberg propose la sua soluzione:Internet.org, una collezione di app e servizi che l’azienda di Menlo Park avrebbe distribuito gratuitamente in tutti i Paesi poveri grazie a una serie di accordi con gli operatori locali di telefonia mobile.

Nei piani di Zuckerberg, gli accordi dovevano prevedere che gli operatori di telefonia non avrebbero fatto pagare il costo della connessione per l’utilizzo delle app incluse nel pacchetto.

PIÙ VANTAGGI PER TUTTI? Sulla carta sembrava un accordo vantaggioso per tutti: per Facebook, che avrebbe portato marchio e servizi a quella parte di popolazione mondiale che ancora non può disporne; per gli operatori, perché avrebbero potuto sfruttare Internet.org per proporre altri servizi a pagamento, a partire dall'accesso completo a Internet; per gli utenti, infine, perché avrebbero avuto un accesso, seppure limitato, alle nuove tecnologie a costo zero.
 

C’È CHI DICE NO. Negli ultimi due anni il servizio, che oggi ha cambiato nome in Free Basic, è stato lanciato in 37 paesi del Sud America, dell'Africa, dell'estremo oriente.

Ma lo scorso dicembre il governo indiano ha deciso di bloccarlo e di indire una consultazione pubblica su questo argomento.

Che cosa ha spinto New Delhi a mettere in discussione l'operazione di Facebook? Tra i più critici su Free Basic ci sono diversi gruppi riuniti sotto l’insegna #SaveTheInternet.

Secondo gli attivisti che con quell'etichetta difendono la net neutrality, l’accesso gratuito a Facebook in paesi così poveri avrebbe costretto (o indotto) le aziende di e-commerce e servizi online (per esempio quelli di streaming musicale e televisivo) a offrire i propri prodotti all’interno della piattaforma di Zuckerberg.

Questo garantirebbe a Facebook un enorme vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti e le permetterebbe, di fatto, di governare la Rete in gran parte del Terzo Mondo.

INTERNET NASCOSTO. Le motivazioni di #SaveTheInternet non sono del tutto infondate. Secondo quanto riportato dall’Economist, un sondaggio condotto lo scorso anno tra diversi milioni di utenti di Free Basic ha evidenziato come la maggior parte di queste persone non fosse consapevole di utilizzare Internet.

Per dimostrare la propria buona fede Facebook ha deciso di aprire la piattaforma Free Basic: oggi vi può accedere chiunque, aziende dell’e-commerce, social network concorrenti e servizi vari, a patto di soddisfare alcuni requisiti tecnici.

NON SOLO FACEBOOK. Per conoscere la sorte di Free Basic in India occorrerà attendere la fine del mese, ma intanto Facebook già non è più sola in questa crociata di generosità per portare Internet gratis, o quasi, nei paesi del terzo mondo: Google, per esempio, sta sperimentando palloni aerostatici e droni-ripetitori per creare una rete che, a regime, sarebbe al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei governi.

Non è facile decidere se questo è "bene" o "male". Di sicuro, però, il confine tra business e filantropia si fa sempre più sfumato, così come quello tra persone e consumatori.

Il motore a repulsione

1motore
Il disegno di come potrebbe apparire la stella di filamenti del nuovo sistema di propulsione progettato dalla Nasa.
Le sonde che oggi viaggiano nel Sistema Solare usano propulsori chimici oppure ionici: i primi sono motori a combustione interna alimentati da speciali miscele solide o liquide, i secondi creano la spinta a partire dall'accelerazione di ioni (ossia atomi senza uno o più elettroni). L'autonomia dei primi è limitata dalla capacità dei serbatoi, mentre per i secondi la spinta è molto bassa...

È possibile far viaggiare nello spazio un veicolo senza carburante? Si stanno sperimentando le vele solari, o vele fotoniche, vere e proprie vele che sfruttano la forza dei fotoni (ossia l'energia) che arriva dal Sole. Alcune soluzioni di questo tipo sono già state provate, soprattutto in combinazione con altri sistemi di propulsione, e promettono bene, ma nessuno ha mai investito nello sviluppo di tecnologie per la gestione di vele solari di grandi dimensioni: l'uso sembra dunque limitato.

E-SAIL: IL MOTORE A REPULSIONE. La Nasa, però, sta sperimentando un nuovo metodo per sfruttare il vento solare, ossia il flusso ininterrotto di particelle cariche (soprattutto protoni) emesso dal Sole a 450-700 chilometri al secondo, e persino 1.000 km/sec quando ci sono tempeste solari: «Intendiamo sfruttare i protoni per spingere una sonda fino ai confini del Sistema Solare, cioè fin dove il Sole esercita la sua influenza, zona oltre la quale la spinta viene a mancare», spiega Bruce Wiegmann, del Marshall's Advanced Concepts Office, responsabile del programma Heliopause Electrostatic Rapid Transit System (HERTS).

La tecnologia è complessa, ma il concetto è di per sé semplice. Immaginatevi una sonda, del tipo di quelle che già mandiamo su Marte, Saturno e via dicendo, da cui si dipartono una ventina di speciali cavi sottili quanto un capello e lunghi una ventina di chilometri, tutti con carica elettrica positiva. Nello spazio, aperto il ventaglio, l'enorme "stella di filamenti" verrebbe respinta dai protoni provenienti dal Sole (che hanno carica positiva). Sarebbe dunque la repulsione delle cariche (positivo su positivo) a fare avanzare il veicolo. Qui sotto, il video (in inglese) della Nasa che illustra i punti chiave del progetto.

La teoria, abbiamo visto, è semplice, la tecnologia un po' meno: i test in corso riguardano infatti i sistemi che possono mantenere la carica positiva lungo i cavi della sottile ragnatela, per non fare mancare la spinta repulsiva.

Sembra però tutto o quasi alla portata delle nostre attuali tecnologie, e le promesse del motore a repulsione sono più che interessanti.

Secondo la Nasa, una navicella spinta in questo modo potrebbe arrivare al confine del Sistema Solare (l'eliopausa, dove il vento solare è fermato dal mezzo interstellare) in 10 anni: la Voyager 1, prima sonda ad aver raggiunto la frontiera, ha impiegato 35 anni.

mercoledì 27 aprile 2016

Il primo smartphone Firefox OS arriva in Italia

Si parla di Firefox OS ormai da molto tempo. Mozilla l'aveva già presentato il suo sistema operativo agli sviluppatori nel gennaio scorso. Il progetto è continuato fino ad arrivare a un accordo di partnership traTelecom Italia e Mozilla annunciata in occasione dell’ultimo Mobile World Congress di Barcellona.

E infine eccolo: Alcatel Onetouch Fire con il sistema operativo Firefox OS da oggi sul canale web della Tim e, a partire dal 6 dicembre, presso tutti i negozi Telecom Italia al prezzo di 79,90 Euro.

Il sistema operativo sviluppato da Mozilla - per smartphone e tablet - è open source, ossia non utilizza nessuna tecnologia proprietaria. L’interfaccia utente e le applicazioni sono delle semplici pagine web realizzate in HTML5 e in JavaScript. Gli smartphone Firefox OS - come si legge dal comunicato stampa di Mozilla - sono i primi dispositivi totalmente basati su tecnologie Web. E il target di questo nuovo sistema operativo sono, infatti, dispositivi entry level, poco costosi e alla portata di tutti, come l'Alcatel Onetouch Fire.

Firefox OS in azione
Il primo smartphone con Firefox OS in arrivo in Italia è, infatti, un modello base poco costoso (79,90 euro). Non aspettatevi, quindi, prestazioni da primo della classe, ma offre comunque tutte le principali funzionalità di altri modelli, con diverso sistema operativo, presenti sul mercato: integra i principali social network - come Facebook e Twitter - permette di navigare sulle mappe anche in modalità offline con Here Maps, include le caratteristiche esclusive fornite dal celebrebrowser Firefox, con un occhio di riguardo anche alle opzioni di sicurezza, privacy e semplicità di utilizzo. Senza contare un Marketplace da cui scaricare - gratis e a pagamento - le applicazioni compatibili.
L'Alcatel Onetouch Fire, dal punto di vista strettamente tecnico, dispone di un display touch da 3,5 pollici con risoluzione HVGA (480×320 pixel), un processore da 1 GHz, 256 MB di RAM, 512 MB di memoria per l’archiviazione dei dati (espandibile fino a 32 GB tramite microSD) e una fotocamera da 3,2 Megapixel. Non mancano, infine, la connettività WiFi, Bluetooth 3.0, GPS e UMTS. La batteria da 1400 mAh è rimovibile. Chi acquista lo smartphone riceverà in regalo una scheda microSD da 2 GB.

Quanto costa un iPhone 5S nel mondo

Accessorio indispensabile o status symbol, in ogni caso, oggetto di valore che comporta una spesa importante. Già, ma quanto costa, davvero, un iPhone nei vari paesi del mondo? Il sito americano Business Insider ha pubblicato una classifica dei prezzi del gioiellino della Apple - in particolare dell'ultimo arrivato, l'iPhone 5S nella versione da 16 GB - paese per paese. I dati sono tratti dal portale Mobile Unlocked.
Dove è conveniente acquistare un iPhone? Principalmente negli Stati Uniti, dove un 5S da 16GB con contratto wireless viene circa 200 dollari (146 euro); ma un iPhone senza contratto costa, pagato sull'unghia, 707 dollari tasse incluse (513 euro). Negli altri paesi il prezzo è decisamente più alto: in Italia questo modello costa 729 euro (993 dollari).

Nella prima tabella, il listino prezzi nazione per nazione. La seconda illustra invece il costo di un iPhone 5S da 16GB in relazione al prodotto interno lordo pro capite. Come si vede, in India questo smartphone ha costi proibitivi.